Elementi di storia e analisi dei processi socioeconomici dell'Appennino centrale
Il presente articolo costituisce un’analisi della lezione di Augusto Ciuffetti svoltasi il giorno 8 luglio 2024 a Gagliano Aterno (AQ) avente come argomento la storia economica dell’Appennino centrale.
In sede della lezione Ciuffetti ha fornito delle coordinate generali di storia dell’Appennino, inquadrando gli aspetti salienti e le trasformazioni principali dell’area appenninica nel corso dei secoli, proponendo una lettura interessante dei processi sociali ed economici dell’area. Rifuggendo ogni retorica essenzialista e ipostatizzante, Ciuffetti ha affermato come la percezione delle “aree interne” come marginali rispetto alla città sia riconducibile alla temperie(contesto) sociale, economica e culturale del boom economico italiano nel corso degli anni ‘60, che ha costituito una cesura rispetto al passato. Infatti, dagli anni del miracolo economico si è verificata una rottura degli equilibri di questi territori, caratterizzati da continui transiti e relazioni tra la montagna, le pianure, le coste, le città. Se nell’immaginario collettivo costruito dagli anni ‘60 i poli industriali hanno rivestito un ruolo di primo piano, le altre aree - tra cui le montagne - hanno subito un processo di decentramento. In questo breve articolo, riprendendo il pensiero di Augusto Ciuffetti, si intende analizzare – senza pretesa di esaustività - gli elementi portanti della storia economica dell’Appennino centrale, cercando di suggerire degli immaginari e un paradigma innovativo in cui le montagne e le “aree interne” non siano più marginali.
Per meglio comprendere i processi socioeconomici appenninici e per compiere un ragionamento più ampio che vada oltre le banalizzazioni è necessario delineare brevemente la storia dell’Appennino, riprendendo le coordinate fornite da Ciuffetti.
Nel basso medioevo, per cause del tutto naturali, si verificò un aumento delle temperature che influenzò l’abitare nell’Appennino. Infatti, grazie a questo miglioramento del clima la popolazione si spostò verso la montagna. Questo spostamento fu causato anche da altri fattori, tra cui la diffusa presenza di acquitrini e paludi in pianura.
A partire da questo periodo, i grandi movimenti monastici si formano in ambiente appenninico e assumono rilevanza centrale per la storia di questo territorio. I due movimenti principali sono l’ordine francescano e l’ordine benedettino. I monaci benedettini compirono un’opera importante di modifica e adattamento del territorio, dissodando terreni per edificare le abbazie.
A causa dell’incremento della popolazione generato dai miglioramenti elencati, fu necessario coltivare nuove terre, in quanto le tecniche agricole erano sostanzialmente rimaste immutate. In seguito allo scoppio della peste nera a metà del XIV secolo vi furono numerose ripercussioni, tra cui un drastico incremento delle mortalità e un decremento della popolazione. A questi due fattori si connette il fenomeno dei villaggi spopolati, che si protrarrà fino in età moderna. Questo fenomeno fa comprendere la ciclicità degli spopolamenti e dei ripopolamenti nelle montagne appenniniche. Dopo la crisi demografica determinata dalla peste nera, dal XV secolo in poi si è verificato un progressivo aumento della popolazione (già in questo secolo la popolazione mondiale superava gli 80 milioni di abitanti), che ha riguardato anche l’Appennino, nonostante le fasi cicliche di popolamento e spopolamento già menzionate.
Tra gli elementi a cui è possibile attribuire un miglioramento delle condizioni socioeconomiche e l’incremento della popolazione ad esso connesso vi è il cambiamento del sistema mezzadrile, e l’affermazione della pastorizia transumante. Oltre ai numerosi spostamenti dei pastori in transumanza rilevanti anche gli spostamenti dei braccianti, che fanno comprendere le numerose relazioni tra i vari territori oggetto dell’analisi di Ciuffetti dall’Appennino, alla Maremma, alla Capitanata.
Rilevante anche il caso dei boscaioli appenninici che si spostavano per costruire navi militari e si recavano altresì fino in Calabria e in Corsica per fare i carbonai. In generale, Ciuffetti si è concentrato su tutti quei mestieri e quelle produzioni itineranti e connesse ai flussi e alle migrazioni, adducendo a numerosi professionisti, tra cui i cardatori di lana, gli ombrellai, i falegnami. Spesso, ciascuno svolgeva più di una mansione, in un contesto in cui la cifra dominante era quella della precarietà, a cui era dovuta questa pluriattività e i costanti spostamenti e migrazioni lungo la dorsale appenninica. Come abbiamo visto, questo sistema avrà una battuta d’arresto nel corso del XX secolo, con l’affermarsi nel secondo dopoguerra di una mentalità capitalistica.
Mentre gli uomini compivano innumerevoli peregrinazioni per l’Appennino, le donne rivestivano un ruolo centrale nell’economia del villaggio. Per quanto riguarda la gestione delle risorse nei villaggi, il modello principale era quello delle comunanze agrarie. Particolarmente eloquente a questo proposito il fatto che negli statuti delle comunanze agrarie figurino anche le donne, a evidenziare il ruolo di primo piano rivestito dalle figure femminili nell’economia appenninica.
Come si è evinto dalle traiettorie di storia appenninica delineate, è di vitale importanza tenere presente come spopolamenti e ripopolamenti siano una costante nella regione appenninica, fino alla rottura degli equilibri verificatasi negli anni del boom economico in cui le montagne e le cosiddette “aree interne” hanno perso centralità subendo un processo di marginalizzazione. Si pone quindi la necessità di un nuovo paradigma, di un nuovo sistema economico e produttivo in cui non sia importante solo la città e i poli industriali ma anche la montagna abbia un suo ruolo. Per fare questo, serve uno sguardo più ampio che non si concentri solo sulla montagna, ed è necessaria la comprensione dei sistemi economici e produttivi (che riguardano l’appennino centrale ma non solo). Inoltre, è opportuno intendere il ripopolamento non come politica da perseguire ma come una conseguenza di un processo storico economico e sociale più ampio, concentrandosi sulla creazione di nuove economie e nuovi modelli che invertano il processo di marginalizzazione della montagna.
Quindi, il problema della crisi appenninica non deve intendersi come isolato, ma al contrario la sua comprensione e la sua risoluzione necessitano di uno sguardo più ampio che contempli e cerchi di risolvere anche i problemi delle aree urbane (primo tra tutti la congestione delle città). Ciò che è urgente fare, suggerisce Ciuffetti, è uscire dall’uso di un determinato sistema economico e sociale, e ricostruire le relazioni che dal medioevo ci sono sempre state tra la montagna e le altre aree.
Per concludere, applicando l’importante lezione di Ciuffetti al contesto della Valle Subequana, area d’interesse del progetto NEO a cui chi scrive sta partecipando, in questa valle le migrazioni e gli spostamenti hanno assunto nel tempo un ruolo centrale. Per addurre ad alcuni esempi, è importante il caso degli ombrellai di Secinaro, che si spostavano lungo l’appennino per riparare qualsiasi tipo di oggetti, oppure dei pastori che si spostavano fino alla Puglia per compiere la transumanza per poi tornare in Abruzzo. Inoltre, a Gagliano Aterno i bassorilievi della chiesa di Santa Chiara sono stati realizzati da scalpellini bergamaschi e milanesi. Per comprendere le dinamiche socioeconomiche della Valle Subequana, quindi, è necessario tenere conto dei continui spostamenti degli abitanti per ragioni di necessità, tenendo sempre presente il contesto socioeconomico appenninico di fondo e i processi sopra citati. Infine, è sempre di vitale importanza tenere conto nei singoli contesti il processo di marginalizzazione sistematica delle aree interne originatosi dalla mentalità del boom economico, di cui la Valle Subequana paga le conseguenze, come larga parte delle aree appenniniche.
Articolo scritto da Gugliemo Ficola, partecipante al progetto NEO 2024